FERIRE PER PAURA DI AVER FERITO
Più crediamo di aver ferito, più feriremo l’ente che crediamo di aver ferito… proprio perché crediamo di averlo ferito!
Questo è una delle dinamiche più subdole che ci incatena alla visione di un mondo soggettivo e illusorio, impedendoci di avere occhi per vedere.
Sembra un ragionamento perverso, lo so, ma lo si vive e lo si mette in atto più volte di quanto vorremmo ammettere.
Facciamo un esempio pratico:
La settimana scorsa, dopo una conferenza, una signora si avvicina dicendomi che la serata le era piaciuta molto e che l’argomento l’aveva stimolata tanto, più dello scorso incontro avvenuto qualche mese fa (a dicembre ero andato nella stessa città per tenere una conferenza diversa).
Capita molto spesso che sfrutto queste occasioni per entrare ancora più in contatto con le persone.
Più crediamo di aver ferito, più feriremo l’ente che crediamo di aver ferito… proprio perché crediamo di averlo ferito!
Questo è una delle dinamiche più subdole che ci incatena alla visione di un mondo soggettivo e illusorio, impedendoci di avere occhi per vedere.
Sembra un ragionamento perverso, lo so, ma lo si vive e lo si mette in atto più volte di quanto vorremmo ammettere.
Facciamo un esempio pratico:
La settimana scorsa, dopo una conferenza, una signora si avvicina dicendomi che la serata le era piaciuta molto e che l’argomento l’aveva stimolata tanto, più dello scorso incontro avvenuto qualche mese fa (a dicembre ero andato nella stessa città per tenere una conferenza diversa).
Capita molto spesso che sfrutto queste occasioni per entrare ancora più in contatto con le persone.
È un modo per conoscerle meglio e avere un rapporto più profondo con il prossimo, oltre che per sciogliere i meccanismi di circostanza che spesso si presentano nelle comuni conversazioni.
All’affermazione della signora, senza far passare nemmeno un secondo, rispondo prontamente: «Ah, bene!! Stai forse dicendo che l’altra conferenza era brutta?! Questa andava bene, ma l’altra non è per niente andata bene?!»
La signora, indignata, sgranando gli occhi e con un tono di voce decisamente più alto rispetto a prima, risponde: «Cosa stai dicendo?? Io ti ho fatto un complimento e tu mi rispondi così? Hai reagito!! Come tu ci fai notare quando reagiamo, adesso io ti faccio notare che il tuo ego si è sentito ferito! Anche tu devi lavorare su questi meccanismi, proprio come tutti noi!»
A questo punto mi sono avvicinato a lei e le ho chiesto: «E se fosse tutto uno scherzo? Se avessi fatto quelle affermazioni ma senza sentirmi ferito per ciò che hai detto? Se fosse stata semplicemente una battuta scherzosa, mi avresti comunque risposto nel modo in cui mi hai risposto?»
Lei mi guarda e mi chiede: «Ma quindi non te la sei presa perché ho apprezzato più questa conferenza rispetto a quella precedente?»
«Certo che no! Se però tu fossi nella mia situazione e avessi risposto nel modo in cui ho risposto io, avresti provato fastidio. Quindi hai ipotizzato – in modo fulmineo – che io avessi provato il medesimo fastidio che tu proveresti.
Ma io ti ho risposto in questo modo perché sono scemo!
Era solo uno scherzo per giocare un po’.
Ma hai visto quanto può rivelare un semplice scherzo?
Comunque… dicevi?»
E la conversazione è andata avanti.
Cosa è successo?
Lei credeva di avermi ferito con le sue parole.
Sentendosi in colpa per avermi ferito, ha reagito attaccandomi a sua volta.
Con il desiderio di non sentire più il senso di colpa, di solito si cerca di far reagire l’altro, istigandolo per avere anche solo un piccolo segno di sdegno.
Se così fosse ci si sentirebbe sollevati dall’attacco sferrato, perché giustificato e avvalorato dalla reazione dell’altro: «Vedi che ho fatto bene a comportarmi come mi sono comportato?! In questo modo ho anticipato un tuo comportamento reattivo meccanico, che mi avrebbe fatto stare ancora più male! …E se fossi tranquillo non avresti reagito così!»
Ma, per questa signora, così non è stato poiché non ho reagito a mia volta – non ho provato fastidio come invece avrebbe provato lei – e questa non reazione ha disinnescato il meccanismo, rivelandolo.
Dunque, più crediamo di aver ferito, più feriremo, proprio perché crediamo di aver ferito!
Ma se non ci fosse il senso di colpa, se non ci fosse il giudizio per aver fatto o detto qualcosa che reputiamo sbagliato, attaccheremmo comunque il prossimo? O saremmo serenamente disposti a vivere ciò che la vita ci presenta senza proiettare un nostro fastidio all’esterno?
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