

ACCETTARE: la differenza tra cuore e accetta
<Se non c’è gioia, piacere o leggerezza in quello che fai, non significa necessariamente che tu debba cambiare attività. Potrebbe bastare il modo in cui la fai.
Il “Come” è sempre più importante di “cosa”.
Devi accettare completamente quel che c’è, perché non puoi prestare la tua totale attenzione a qualcosa e allo stesso tempo opporgli resistenza.> E. Tolle
Uno degli ostacoli che si incontrano quando si decide di intraprendere La Via della Consapevolezza, è il giudizio verso alcuni aspetti di noi: le caratteristiche che ci danno più fastidio.
Il percorso di risveglio della coscienza passa prima dall’ignoranza (non conoscenza di noi), poi dalla conoscenza nozionistica e solo in un secondo momento si rivela l’autentica auto-osservazione.
In un profondo Lavoro Alchemico e Trasmutativo non si può utilizzare la stessa logica con cui si sceglie il cibo al ristorante o il mestiere da svolgere; e soprattutto non si può partire dalla fine!
Molte persone si illudono di aver accettato situazioni a loro scomode per il semplice fatto che si ripetono continuamente “ti accetto, ti accetto, ti accetto”, e la paura, l’angoscia o l’aggressività svaniscono. Ma non funziona così!
Questo fraintendimento nasce da una personalità che non ne vuole sapere di fare un vero lavoro su di sé, proprio perché chi Lavora davvero su sé stesso è cosciente del fatto che non può accettare una situazione, un comportamento o una persona che in primis non conosce a pieno.
Può risultare più semplice utilizzare un’analogia riportando un esempio quotidiano:
Vado al bar e vedo una persona che mi dà fastidio perché parla ad alta voce e io non riesco a ordinare il mio caffè. Guardo la situazione e, siccome voglio lavorare su di me, cerco di vedere la bellezza della situazione e cerco di accettare questo tizio. Sento un po’ il fastidio che c’è dentro di me e intanto mi ripeto: “ti accetto, ti accetto, ti accetto”.
Dopo poco mi accorgo che il rumore della sua voce è più forte dei miei pensieri, allora decido di andarmene.
Comunemente questa viene chiamata accettazione, ma non ci accorgiamo che il termine “accettare”, in questo caso, lo stiamo utilizzando come un boscaiolo che si accinge ad accettare un albero appassito!
La reale Accettazione invece è intrisa di conoscenza, vicinanza, resa e visione della perfezione. Serve grande Volontà (resistenza nello “stare dentro”) per avvicinarsi alla pura Accettazione, non è un potere di tutti. Bisogna aver già creato uno spazio di scelta, una certa abitudine al calore del fuoco.
Nella pratica l’esempio si trasforma così:
Vado al bar e vedo una persona che mi dà fastidio perché parla ad alta voce e io non riesco a ordinare il mio caffè. Ecco un’occasione per conoscere fino a quanto sono meccanico. L’attenzione è rivolta solo su di me e in particolar modo sul fastidio che sto provando. Non mi pongo domande sul perché o il percome sto provando questo fastidio, ma cerco di stare più che posso sul solo sentire.
Ad una certa profondità di Sentire, mi accorgo che posso restare con questo fastidio per sempre, fino al giorno della mia dipartita, perché ne intravedo la perfezione. Se questa situazione è entrata a far parte della mia coscienza allora vuol dire che il suo scopo è servirmi (come un cameriere).
A questo punto, e solo a questo punto, ho toccato la vera Accettazione. Esteriormente posso comportarmi come più mi aggrada, non è così importante il “cosa faccio” (se vado via, resto o gliene dico quattro) perché interiormente sono stato in grado di contenere più di quanto avrei mai immaginato.
Questo esempio analogicamente può essere apportato in tutte le situazioni che viviamo, dai piccoli fastidi quotidiani ai grossi traumi.
L’Accettazione non concerne un ragionamento mentale, bensì un moto del Cuore. La profondità più alta e Sacra di questa qualità dell’Anima la si realizza quando non esiste più situazione, persona o sensazione da accettare.
Ovvero: SONO Accettazione, costante, piena e immensa. Proprio perché riesco ad accettare il fatto che non riesco ad accettare tutto.
Non può esistere situazione che non posso contenere se è entrata a far parte della mia coscienza.


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